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NESSUNA PROVA SCIENTIFICA CHE SOSTENGA LE LEGGENDE METROPOLITANE
Tra le leggende metropolitane più diffuse, soprattutto sul web, c'è quella dell'alluminio come causa del morbo di Alzheimer. Spesso questa affermazione si basa su pseudo ricerche e pareri di presunti esperti, quindi è necessario riaffermare con forza che le cose non stanno veramente così! Infatti, i numerosi studi realizzati dai più importanti centri di ricerca a livello internazionale non hanno mai trovato un legame di causa ed effetto tra l'alluminio e la malattia. Secondo tali ricerche “non ci sono prove a sostegno di un ruolo causale primario dell'alluminio nell'Alzheimer. Tale metallo non induce questa patologia in vivo in nessuna specie, uomo compreso” come affermato dal Task Group del programma internazionale sulla Chemical Safety, realizzato sotto gli auspici del World Health Organisation (WHO) e dello United Nations Environment Programme (UNEP).
Ma cerchiamo di comprendere come si è arrivati a queste conclusioni. L'Alzheimer è un processo degenerativo che compromette gradualmente il corretto funzionamento delle cellule cerebrali, rendendo l'individuo incapace di una vita normale, fino a causarne la morte. In Italia ne soffrono circa 492.000 persone e 26,6 milioni nel mondo, secondo uno studio della John Hopkins Bloomberg School of Public Health di Baltimora (USA). La malattia, che colpisce maggiormente le donne, è causata da una diffusa distruzione dei neuroni da attribuire principalmente alla beta-amiloide, una proteina che, depositandosi tra i neuroni, agisce come una colla, aggregando placche e grovigli "neurofibrillari". L'Alzheimer è accompagnato da una rilevante diminuzione di acetilcolina, un neurotrasmettitore fondamentale per la comunicazione tra le cellule neuronali. L'effetto di queste modificazioni è l'impossibilità per il neurone di trasmettere gli impulsi nervosi, con conseguente atrofia progressiva del cervello. A tutt'oggi non v'è certezza sulle sue cause, che sembrano, fondamentalmente essere multifattoriali, molto probabilmente di origine genetica con il contributo di fattori ambientali.
L'ipotesi che l'alluminio fosse una delle cause della malattia è emersa per la prima volta nel 1965, quando si è osservato che la somministrazione di sali di alluminio direttamente nel cervello dei conigli produceva modificazioni istopatologiche. Ricerche successive, tuttavia, hanno dimostrato che queste modificazioni sono totalmente differenti da quelle riscontrabili nell'Alzheimer. Altri studi, come quello del Basic Research and Developmental Disabilities di New York, hanno poi riscontrato la presenza di metallo nelle cellule cerebrali di alcuni pazienti affetti dalla malattia, ma lo stesso centro statunitense è infine giunto alla conclusione che si trattava di livelli così bassi da non poter generare malformazioni o malfunzionamenti. Un'ulteriore conferma dell'incidenza nulla dell'alluminio come fattore degenerativo nell'insorgenza dell'Alzheimer e nella sua progressione giunge da una ricerca dell'Università di Oxford, che attraverso sofisticate tecniche di analisi ne ha dimostrato la totale assenza nei pazienti esaminati.

A corroborare questi risultati anche uno studio norvegese secondo il quale nei pazienti affetti dalla malattia si trovano gli stessi livelli di metallo del gruppo di controllo.

Ma torniamo, per concludere, al report del Task Group del programma internazionale sulla Chemical Safety precedentemente citato. Oltre ad affermare che non esistono prove a sostegno del ruolo dell'alluminio nel causare la malattia, la ricerca ribadisce anche che “l'ipotesi relativa ad alcune regioni, che l'esposizione della popolazione anziana ad alti livelli di alluminio nell'acqua potabile possa aggravare o accelerare il morbo di Alzheimer non è avvalorata dai dati disponibili a oggi.”
In definitiva, sono molteplici e tra le più autorevoli le fonti scientifiche che, grazie a ricerche in alcuni casi durate anni, hanno più volte smentito l'esistenza di un rapporto tra alluminio e Alzheimer.
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